L'abito non fa il monaco... il caso Federbet

E' ormai parecchio tempo che assisto, in silenzio, al propagarsi della popolarità mediatica della Federbet. Dal loro sito prendo un breve summary

Federbet aims to represent the interests of all the operators and consumers in the gaming sector. We are on a quest to promote a competitive market with a set of values that cannot be overlooked

Mi domando come sia possibile che un'associazione belga goda di così tanta credibilità in Italia. Poi guardando il sito un possibile motivo lo trovo... Tra i top members vedo due tra gli operatori più affermati nel territorio del betting italiano "senza autorizzazione", una vera e propria chicca italica.
Parto dalla fine: siccome queste compagnie incorrono in più di un ostacolo pubblicitario (in assenza di licenza, infatti, numerosi editori non sono in grado di accettarne gli investimenti), serve un modo sacralmente istituzionale per accreditarsi presso i media. Questo "modo" è costituirsi associazione e sparare a zero sul match fixing, poco importa se a scapito dei consumatori.
Alessandro, sei pazzo? Chi attacca il match fixing è un cavaliere bianco, un eroe in un'industria di biscazzieri. Peccato, però, che molte volte le "indiscrezioni" su partite truccate siano evaporate velocemente... ma, certo, dopo aver trovato paginate di quotidiani, sportivi e non, che hanno abboccato all'amo. Il consumatore, oggi, è esposto ad una competizione di brand tra i quali è impossibile riconoscere chi paga l'imposta unica e chi no, chi è assogettato a normative quali l'antiriciclaggio o la Balduzzi e chi no, chi è sottoposto alla scure dei controlli di Stato distribuiti attraverso N bracci armati pubblici e chi no.
E' molto-troppo facile appellarsi al Diritto Comunitario ed alla vittoria di un operatore terzo che si vorrebbe equiparare ma che non lo è, perché gode di requisiti storici ben diversi. Troppo facile fare di tutta l'erba un fascio... ma la facilità paga ed il risultato è che uno di questi operatori aderenti a Federbet è oggi la più grande rete di raccolta sul territorio. Probabilmente superiore anche alla rete dell'attuale leader di mercato "concessorio". Probabilmente superiore, in awareness, ad alcuni tra i maggiori brand del mercato (basta fare una ricerca a livello google per capirne la portata).
Il mio non è un messaggio a Federbet o a quest'operatore, che per quanto mi riguarda possono entrambi provare ad aggirare norme e buon senso come vogliono perché non sarò certo io ad invocare misure repressive o aggressive. Il mio è un monito a giornali, siti e televisioni italiane: media a cui l'azienda che rappresento, e tutte le altre dotate di licenza (poveri scemi), devolvono una quantità importante di "fondi" che finanziano le loro attività nel campo dell'informazione. Esistono associazioni di settore in Italia. Esistono percorsi educativi contro il match fixing, e di monitoraggio di flussi anomali, in Italia. Basta chiedere. Non serve andare in Belgio, non serve rivolgersi a chi in qualche modo contesta l'intera architettura industriale italiana, legale, che ha foraggiato il fisco in questi 14 anni di attività. 
Iniziamo a restare sconcertati dalle paginate dedicate a gossip vari senza essere consultati. Paginate che, sì, forse vi faranno vendere due copie in più al grido "Scandalo, Scandalo" ma non fanno bene al settore. Non fanno bene ai consumatori (che decidono di abbandonare il betting). Non fanno bene all'informazione che dovrebbe, prima di tutto, confrontare le fonti, analizzare, dibattere e POI pubblicare. Invece sembra proprio che siamo il Paese dove "Al lupo, Al lupo!" funziona ancora. Funziona perfettamente.


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